One Day, una chiave di lettura intertestuale tra David Nicholls e Thomas Hardy

One Day è una storia che non ha più bisogno di presentazioni. Romanzo di David Nicholls uscito nel 2007 e seguito da un film iconico con Anne Hathaway nel ruolo di Emma Morley e Jim Sturgess nel ruolo di Dexter Mayhew nel 2011, festeggia ormai più di dieci anni di celebrità. Per questo la mia non sarà una recensione a tutti gli effetti, ma una chiave di lettura squisitamente intertestuale tra l’autore e Thomas Hardy, romanziere e poeta inglese vissuto a cavallo tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX secolo. È l’autore stesso a svelarci il ruolo ispiratore di Hardy, nei ringraziamenti finali, ma i riferimenti allo scrittore sono molteplici e sparsi in tutta l’opera.

Per cominciare, il nome proprio del personaggio di Emma Morley, confuso dalla madre di Dexter con quello di Emily, è il nome del grande amore di Hardy e sua prima moglie, mentre Emily è quello della seconda moglie e biografa di T.H. La vita di Emma Lavinia Gifford, pur trascorrendo senza alcun evento degno di rilievo, fu caratterizzata da un forte afflato religioso e spirituale che la Emma Morley di One Day incarna nella sua passione per la lotta politica e nel suo desiderio di cambiare «il piccolo pezzo di mondo intorno a noi». La donna morì dopo 38 anni di matrimonio, e Emma Morley ha proprio 38 anni quando muore. Mentre lo scrittore fu sepolto accanto a Charles Dickens, la cui opera Grandi Speranze viene più volte citata in One Day, il suo cuore venne espiantato e sepolto nella stessa tomba di sua moglie Emma, come aveva richiesto lui stesso.

La Weltanschauung di Hardy è fortemente pessimistica e l’obiettivo della sua letteratura è stato illustrare «il contrasto tra la vita ideale desiderata da un uomo e quella reale e squallida che egli era destinato ad avere»; nonché l’azione di un destino ostile, maligno, che finisce con l’annientamento della felicità e della speranza.

Nicholls pare rifarsi a questa visione del mondo mentre ritrae con colori squallidi e desolati i personaggi di Dexter Mayhew, ragazzo e poi uomo, pieno di “Grandi Speranze” che sogna di divertirsi per sempre ed essere famoso, ma si riduce a essere un alcolizzato perennemente strafatto che manda a rotoli le tante occasioni avute; e Emma Morley, ragazza con ambizioni elevate che si ritrova invischiata in lavori infimi o di ripiego e in relazioni deprimenti, prima di ottenere il suo quarto d’ora di gloria e felicità, beffardamente strappatole da una morte improvvisa quanto banale. Infatti, Emma all’età di 35 anni ottiene tutto ciò che aveva sempre sognato. Sposa Dexter, il suo migliore amico di una vita e l’amore della sua giovinezza, e diventa una scrittrice affermata. Salvo scoprire, entro un paio d’anni, di non riuscire a concepire un figlio con l’uomo che ama né a scrivere l’opera letteraria intellettualmente impegnata che si era prefissata da sempre. E a 38 anni, muore.

Accennavano di rado al legame che li univa: forse le paroline dolci e le carinerie erano superflue per due amici di sì lunga data. (Thomas Hardy, Via dalla pazza folla citato in One Day esergo alla quarta e penultima parte)

La ricorrenza del giorno di San Swithin, il 15 luglio, è centrale nel romanzo che si svolge interamente in quella data (il famoso One Day del titolo) dal 1988 al 2007. Oltre a richiamare il protagonista omonimo dell’opera di T.H. Due sulla torre, San Swithin è anche un santo a cui la tradizione popolare attribuisce il potere di influenzare il clima (se piove a San Swithin pioverà per quaranta giorni, o per tutta l’estate). L’ostilità della Natura nei confronti dell’uomo è un concetto cardinale nella poetica di T.H. e Nicholls sembra volervi contrapporre, a mo’ di scudo per i suoi protagonisti, un santo in grado di influenzarne l’andamento, come per stornare l’invidia degli Dei dall’amore vero e genuino che unirà i due ragazzi per sempre. L’amore che nasce tra i due personaggi, infatti, sfida il concetto di Natura che, in questo caso, si traduce nel fatto che Dexter ed Emma non avrebbero dovuto innamorarsi essendo socialmente ed intellettualmente troppo differenti. La loro ribellione verso un destino apparentemente già segnato, che altri non è se non il Fato della tragedia greca contemplato da Thomas Hardy, indurrà la Sorte a vendicarsi crudelmente di loro, spezzandoli.

Di primo acchito può sembrare che la festa di San Swithin sia Un Giorno in cui gli amici-amanti si incontrano attraverso gli anni, come se avessero un appuntamento fisso nel quale rivedersi a discapito di qualunque altra cosa sia loro accaduta nel frattempo. Niente di più sbagliato e fuorviante. In realtà loro si vedono spessissimo, in una molteplicità di incontri e accadimenti anche importantissimi da cui il lettore è drasticamente escluso perché non avvengono il 15 luglio e dunque non è concesso leggerli. Anzi, talvolta il 15 luglio i due non intrattengono alcun genere di contatto e passa come un giorno qualunque e pure noioso in cui succedono cose che faremmo anche a meno di sapere. Ci si chiede il perché di questa scelta particolare, di questo taglio bizzarro, mentre si va avanti nella lettura.

Ma una volta arrivati alla fine si capisce eccome. Non a caso, anzi in modo del tutto illuminante in proposito, l’ultima e quinta parte del libro è inaugurata dall’esergo di un’ altra opera di Thomas Hardy, Tess dei D’Ubervilles:

Lei prendeva filosoficamente nota delle date man mano che scorrevano con il passare dell’anno […] il suo compleanno e ogni altra giornata scolpita da un episodio al quale lei aveva preso parte. A un tratto un pomeriggio, mentre rimirava la propria bellezza allo specchio, le venne fatto di pensare che c’era un’altra data, più importante per lei di tutte le altre, ovvero quella della sua morte, in cui tutto l’incanto sarebbe svanito, un giorno che si annidava nascosto fra tutti gli altri giorni dell’anno, senza farsi notare quando ogni anno lei vi passava sopra, ma pur sempre lì in attesa. Quando sarebbe arrivato?

Così il lettore comprende che One Day, cioè il 15 luglio, non è soltanto un giorno ma è quel giorno, quel giorno che aspetta Emma Morley per racchiudere la sua vita intera in una sequenza di cifre anagrafiche indelebili (nascita xx/xx/xxxx – morte xx/xx/xxxx). Per il mistico connubio inscindibile di Amore e Morte, il 15 luglio del 1988 è anche il giorno dell’inizio della storia d’amore sui generis tra Emma e Dexter. È come se l’autore avesse immaginato di poter leggere, nel Grande Libro della Vita di Emma Morley, solo quel giorno, rispondendo alla domanda che si fa chiunque sopravviva a un proprio caro defunto il giorno del suo anniversario di morte: «Che cosa stavamo facendo, oggi, l’anno scorso, e l’anno prima ancora e quello ancora prima?». Siccome Emma e Dexter diventano una cosa sola, grazie all’amore, ecco che la sua storia diventa anche quella di Dexter, e non si può più leggere di lei senza di lui, e viceversa. Quasi che il giorno del loro incontro avesse sancito quello di una nuova nascita, che fa impallidire quella del compleanno reale, che infatti non viene mai menzionato per nessuno dei due protagonisti.

Per par condicio potrebbe esserci un secondo libro, intitolato Dexter’s One Day, in cui seguire la coppia di innamorati basandosi sulla data di morte di lui. Forse un po’ macabro, ma anche romantico sempre per il famoso legame tra Eros e Thanatos (ἔρως καὶ θάνατος). Del resto la morte è la parola fine di ognuna della nostre storie, del breve o lungo romanzo che è la vita di ognuno di noi. Quel Giorno è la meta di questa vita ed ecco perché bisognerebbe vivere ogni giorno come fosse l’ultimo, come se fosse Quel Giorno, anche se, come dice Emma, è poco pratico e sfiancante. Eppure quanta verità contiene questa breve massima!

Il momento in cui Dexter si trova sulla collina dell’Arthur’s Seat con la figlia (avuta dalla sua prima moglie) e ripensa a quando c’era stato con Emma, tanti anni prima, all’inizio di tutto, richiama il finale di Tess dei d’Ubervilles di Thomas Hardy, quando viene issata la bandiera nera sul carcere, segno della sua esecuzione, e suo marito e la sorella minore di lei si tengono per mano sulla collina, pronti a continuare a vivere come da loro promesso a Tess. Tess, la quale viene fatalmente catturata sui resti di Stonehenge, mentre qui siamo sul luogo leggendario del trono di re Artù. Siamo al capitolo finale di One Day che coincide con l’inizio della storia, in una composizione ad anello (detta Ring Form) che è la firma personale di Nicholls, siglata con quel velo di ottimismo che si discosta da T.H.

La spuma di speranza che ci rimane dentro dopo l’alta marea è che la fine di questa vita non sia una fine vera e propria ma solo un nuovo inizio, tra baluardi romantici e rovine del passato che intaccano il presente come una carie, sintomo di una origine divina poi smarrita, di una grandezza perduta, di un’umanità decaduta e in esilio, mentre il Paradiso è alle spalle, sempre dietro di noi, irrimediabilmente perduto, ma forse anche riconquistabile, un giorno.

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